Vorrei essere Jessica Fletcher (e possibilmente vivere a Cabot Cove) – Racconto

Come ho scritto in un post di qualche giorno fa, intendo dare vita ad un racconto la cui protagonista è una signora che ama la letteratura “gialla” ed in particolare Jessica Fletcher, la protagonista della famosa e fortunata serie televisiva conosciuta in Italia come “La signora in giallo”. Con questo post inizia il primo episodio del racconto che ho ambientato in un paese della campagna romana, ma i luoghi ed i personaggi sono assolutamente frutto della mia fantasia. Ogni episodio verrà immediatamente pubblicato, in modo che la storia si svilupperà nello stesso tempo in cui anche i lettori ne prenderanno visione.

La signora Debora si trovava in giardino quel mattino di novembre, determinata a piantare bulbi di giacinto in tanti bei vasetti di ceramica: l’idea, anzi, la speranza era di averli pronti come regali da fare alle sue amiche durante le festività natalizie. In quel giorno, Ognissanti, pensava anche che si festeggiava il suo onomastico, dato che sua madre aveva visto bene di chiamarla Debora (senza h) – che non esiste come santa – non certo ispirata dalla canzone di Fausto Leali che si ascoltava all’epoca in cui l’aveva concepita, determinando un numero impressionante di neonate di nome Deborah. No, le aveva confidato sua madre, l’ispirazione non veniva da quella canzone, ma da una figura biblica di cui aveva letto. Ora, questa Deborah (con l’ h) era una profetessa, unica donna del gruppo dei giudici biblici, una donna molto forte e giusta; a sua madre questa cosa era piaciuta e così eccola lì con il nome di Deborah, ma senza h, per via dell’anagrafe. Il nome significa ape e questo avrebbe dovuto essere di auspicio per le sue attività in giardino, visto il gran lavoro delle api con l’impollinazione, anche se a lei non sembrava di essere un gran pollice verde o, almeno, lo era a fasi alterne. Il suo nome le aveva dato qualche problema per la pronuncia visto che in buona parte della provincia romana, nonché a Roma, il suo nome veniva storpiato in Debbora, con due b, ed odiava quando l’apostrofavano: “Ah Debboraaa”, motivo per cui, da adolescente, pretese di essere chiamata con il diminutivo Debbi (con la i, non la y); di conseguenza, per parenti ed amici, era Debbi, almeno così la b raddoppiata aveva senso.

Mentre in giardino lavorava sconsolata, già convinta di non vedere mai sbocciare giacinti nei vasetti, pensava alla sua eroina della letteratura gialla di cui era appassionata: Jessica Fletcher. Come avrebbe voluto essere lei, così brava nel giardino, sempre a piantare bulbi che d’incanto fiorivano e come l’ammirava per la bravura nel risolvere i casi in cui si trovava coinvolta. Dalle sue parti, per fortuna, di rado accadevano fatti di cronaca nera, però, sotto sotto, le sarebbe piaciuto essere coinvolta nella soluzione di qualche caso delittuoso. Per fortuna il suo nome non era Jessica dato che sarebbe stato pronunciato “Gggessica”, con non si sa quante g.

“Però, come vorrei essere Jessica Fletcher! E possibilmente vivere a Cabot Cove.” sospirò, affondando le dita nella morbida torba.

(Continua)

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