un caso per tre – un giallo a quattro mani – seconda puntata

Secondo episodio del giallo a quattro mani scritto con Gian Paolo Marcolongo (Newwhitebear)

Episodio precedente: 1

«Elisa! Stai preparando la tua valigia?» Debora sollecitò per l’ennesima volta sua figlia, mentre rifletteva che, alla vigilia delle vacanze estive, si ritrovava sistematicamente priva di pazienza e di energie.
Da parte sua cercava di prevedere tutto, ma questo la portava ad affrontare le ferie completamente sfinita. La figlia, come molti giovani, si riduceva agli ultimi giorni, se non l’ultimo, salvo poi chiedere se la maglietta preferita fosse stata lavata o dove fossero finite le ciabattine per la piscina, e via con richieste del genere, non contando le volte che – orrore! – il costume da bagno andava assolutamente sostituito perché fuori moda.
«Mamma, lo so che devo preparare la valigia! Quante volte me lo devi ripetere? Ho studiato fino all’altro ieri, dammi tregua.»
Per Debora non andava meglio con il marito, Andrea, per il quale doveva pensare a tutto, immaginando quali fossero le cose di cui aveva assoluto bisogno.
«Visto che quest’anno non mi hai voluto seguire per le compere, come pensi di coprirti in montagna se dovesse fare freddo?» chiese affranta al consorte.
«Ho il piumone grigio …» rispose, disorientato, messo di fronte alla sua inadeguatezza.
«Sono anni che non hai più la giacca grigia. C’era quella blu, ma mi sembra lisa. Sai che faccio? Ci penseremo a Roccapietrosa. Ci sarà un negozio di articoli sportivi. Oppure andiamo a Roccaraso; al peggio scendiamo a Sulmona, così compro anche i confetti.»
Da anni si recavano in quel piccolo paese di montagna, Roccapietrosa, che le era piaciuto da subito, incastonato tra le montagne e immerso nel verde delle abetaie. La gente del posto era molto cordiale, come lo erano i gestori del piccolo hotel ‘All’Orso bruno’, dove avevano sempre soggiornato. Per questa volta aveva chiesto se ospitassero gli animali, perché, da poco, avevano una cagnolina meticcia, un incrocio non meglio definito di yorkshire. L’aveva trovata una mattina davanti al cancello di casa, piagnucolante e ferita; l’aveva presa con sé e non era stata reclamata da nessuno, perciò, ora, era il quarto componente della famiglia. L’avevano chiamata, dopo lunghe consultazioni in famiglia, Puzzolina – detta Lina – per via del manto che ricordava una puzzola. Per Lina bastava il trasportino e un cappottino per il freddo, oltre alle crocchette.
Finalmente, furono pronti per la partenza, non senza aver dato istruzioni alla vicina, nonché amica fidata, Flora, la quale avrebbe annaffiato le piante durante la loro assenza e dato un’occhiata in caso di bisogno. L’auto fu caricata con i loro bagagli e appariva colma oltre ogni dire. “Perché ogni volta che partiamo sembra un trasferimento?” Si domandava Debora e ogni anno non trovava risposta; si riprometteva, praticamente sempre, di limitare all’essenziale l’abbigliamento, ma quello sembrava lievitare da solo e le pareva una cosa assai strana, considerando che né lei né il marito erano particolarmente attenti alla moda. Alla fine, con la Jeep stracarica, partirono per la montagna. Elisa e la piccola Lina erano sui sedili posteriori, Andrea guidava e Debora si preoccupava per tutti.
Il panorama del territorio che l’Autostrada dei Parchi attraversava, rendeva il viaggio piacevole e sereno e il traffico era scarso, dato che sceglievano sempre di partire in giorni e orari favorevoli in tal senso.
«Spero che in questa vacanza tutte le persone che incontreremo stiano e rimangano in buona salute e vitali …» osservò Andrea, mentre alla radio trasmettevano il notiziario con l’ennesimo resoconto di un efferato delitto.
«Ti riferisci a me?» rispose, piccata e a ragion veduta, Debora: negli ultimi tempi, lei – antropologa specializzata in criminologia investigativa, appassionata di letteratura gialla nonché ammiratrice di Jessica Fletcher – aveva contribuito alla soluzione di due casi di omicidio e aveva avuto l’occasione di apparire in programmi televisivi insieme a criminologi famosi, per parlare della sua esperienza. Il marito era preoccupato che non si cacciasse nei guai e le ricordava di non inciampare in qualche cadavere, quando usciva.
«Di chi pensi stia parlando? Sei tu che ti ritrovi sempre qualche morto tra i piedi!»
«Su, papà, mamma … non vi stuzzicate. Tu, papà, dovresti aver rispetto per gli interessi di mamma e se è brava a risolvere i casi di omicidio, lasciala fare. Il suo contributo è stato risolutivo tanto per il caso della signora Ernestina quanto per l’omicidio di Sandrino. In ambedue i casi ha scovato prove e indizi che altrimenti sarebbero sfuggiti. Io tifo per mamma. Vero, Lina?»
La cagnetta, sentitasi nominare, fece un ‘arf’ di assenso.
«Brava, Lina! Quando sarai più grande ti farò diventare il primo incrocio di yorkshire investigatore.» Debora le allungò una carezza, ottenendo una leccata affettuosa.
Con queste scaramucce, il viaggio sembrò finire prima di quanto previsto. Nel pomeriggio tardi erano di fronte all’entrata dell’hotel dove li attendeva il proprietario con la moglie, ormai diventati loro amici, dopo tanti anni di frequentazione della struttura alberghiera.
«Carissima Debbi, che piacere rivedervi tutti! Tu, poi, sei una celebrità.»
A queste parole, Debora si schernì, ma, in fondo, ne ebbe piacere; dentro di sé covava l’aspirazione di diventare più di un’investigatrice dilettante e chissà … Con il suo blog tematico ‘Murder she wrote, il blog di Debora Nardi’ stava avendo un certo successo e aveva molti followers, perciò sperava di ampliare il suo campo d’azione. Ci avrebbe pensato su, magari durante queste vacanze.

[Continua]

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