Noi del centro storico

Ho vissuto diciannove anni nel centro storico della città dove sono nata, quando non esisteva il concetto del centro storico. Si trattava solo delle case più vecchie e prevalentemente maltenute.

La mia città, nel passato, è stata crocevia di traffici commerciali ed era molto ricca, col risultato che un certo numero di abitazioni sono di gran pregio: belle facciate, grandi atri, stanze enormi e decorate da affreschi. Vi abitavano spesso famiglie nobili.

Quando vivevo lì, molte case erano in affitto. La prima dove ho abitato era un palazzetto del ‘700. Scale su cui potevano salire le carrozze, sale d’aspetto per i fittavoli e fattori, con grandi panche di legno ancora lì, a memoria di un tempo passato. L’ingresso di casa mia era un grande salone con carte da parati del secolo precedente. Io lo percorrevo con la bicicletta o i pattini. La cucina era più o meno quella originale, con un camino a tutta parete per i sontuosi pranzi dei nobili che vi erano vissuti. In questa casa vivevamo con i nonni paterni, perché aveva molte stanze.

Nei dintorni, case più piccole dove vivevano prevalentemente contadini, che, abitando in centro, avevano a loro modo salito di un gradino la scala sociale. Spesso erano proprietari di casa. I mariti, se capaci, facevano anche saltuari lavori manuali, visto che il lavoro in campagna non occupa tutto l’anno. Anche qualche artigiano viveva in quelle case che, con le loro ampie cantine, permettevano di fare casa e bottega. Queste case dei contadini avevano le cantine dove stipavano i prodotti dei campi, tenuti in conserva. Per quelle strade d’inverno uccidevano i maiali e il sangue scorreva tra i ciottoli, oppure vi si lavavano le botti e l’odore del mosto e del vino inebriava chi passava.

In case più fatiscenti vivevano persone molto povere, che a volte non avevano neanche l’acqua in casa. Queste persone erano talmente ai margini che spesso neanche ne vedevamo i figli a scuola. I figli dei benestanti spesso andavano dalle suore, almeno fino alle elementari. Alle medie già si era operata una scrematura e i derelitti difficilmente avrebbero frequentato le medie.

A un certo punto cominciarono a costruire case nuove in periferia, fuori porta, e queste belle case, che avevano anche il riscaldamento, erano abitate da impiegati. Noi del centro storico avevamo le stufe a legna e i camini per scaldarci. Per fare il bagno avevamo le bagnarole da riempire con l’acqua scaldata sul fuoco dei fornelli di cucina. I loro figli erano diversi da noi del centro storico, già vetusti quanto le nostre case, loro erano più smart. Più belli, più moderni, più spigliati, più tutto. Almeno ai miei occhi. Le loro case confinavano, comunque, con le abitazioni dei contadini o degli artigiani fuori porta.

C’è un motivo per cui mi tornano in mente questi ricordi. Una blogger ha parlato di esclusione sociale e nei commenti si è parlato di povertà economica. Io ho detto che un certo tipo di povertà l’ho incontrata durante il volontariato, non quella estrema dei senzatetto, ma quella di famiglie che cercano di vivere dignitosamente, però ti domandi come facciano ad arrivare alla fine del mese. Stavo dimenticando le famiglie povere della mia infanzia, davvero misere, molto più misere poiché mancavano di ogni servizio essenziale salvo le quattro mura dove abitavano e i pochi stracci che vestivano, ma dignitose. Solo che pensavo che, dopo più di cinquanta anni, avessimo progredito un po’. Queste famiglie erano quasi invisibili allora, lo sono anche oggi.

55 commenti

  1. Nella mia primissima infanzia anch’ io con mamma e papà abitavo nel centro sotrico in una casa di ringhiera. Occupavamo due stanze un al piano terreno e l’altra sopra, accessibile da una scala di legno molto ripida. Avevamo solo l’acqua in casa e si faceva il bagno dentro la tinozza. Noi facevamo parte di quelle famiglie molto povere.

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  2. Brividi per l’ultima frase da te scritta. Tanto progresso, ma ci sono cose che continuano ad essere le stesse… chi è povero, continuerà ad esserlo sempre più, nella maggior parte dei casi, (si dice appunto che piove sempre sul bagnato) e chi è ricco avrà sempre più agevolazioni.
    Mi piace sapere di queste cose passate, a volte mi vengono raccontate! Anche mamma, per esempio, mi raccontava che abitava in una casa molto grande… ho come l’impressione che una volta le case fossero davvero più grandi rispetto a oggi, o sbaglio?

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  3. il tempo passa ma spesso i problemi rimangono insoluti esattamente come ha detto tu. Anch’io ho incontrato nella mia gioventù famiglie povere ma che cercavano di vivere dignitosamente e che hanno cercato di dare ai propri figli la possibilità di salire nella scala sociale. Non sempre è avvenuto.

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