
7.
La mattina presto, prima di recarsi agli uffici comunali, decise di andare al cimitero di Prima Porta.
Era possibile entrare con l’auto e recarsi al lotto dove era la tomba che si desiderava visitare; però, prima si fermò alle bancarelle di fiori che stazionavano nel piazzale all’ingresso del cimitero per comprare qualcosa da mettere nei vasi. Scelse fiori che durassero un po’ come certe qualità di crisantemi colorati e dei semprevivi per riempire gli spazi vuoti.
Arrivò in prossimità del suo lotto e scese dall’auto.
L’aria mattutina era fresca e il cielo era limpido. Le conifere spandevano il profumo della resina e qualche tiglio si mescolava col suo profumo intenso e dolce con quello aromatico dei cipressi. Pochi erano i visitatori e qualche voce sussurrante si perdeva nell’ampio spazio. Gli uccelli cantavano ignari.
Con sorpresa, Giuliana si rese conto di percepire un sentimento di calma. Forse a questo servono i cimiteri, a dirci che i nostri cari ormai sono sereni nell’eternità in cui sono andati.
Raggiunse la tomba di suo marito Fausto. Vide che era tenuta bene: di sicuro vi provvedeva sua suocera. Tolse i fiori appassiti, cambiò l’acqua e sistemò i suoi. Vi dedicò particolare cura, dilungandosi nelle piccole faccende, come a ritardare il momento in cui sarebbe rimasta a tu per tu con sé stessa. Alla fine quel momento arrivò.
In piedi davanti alla tomba, si accorse che la sua mente era vuota. Lì giaceva Fausto, questa era la verità. Lì giacevano le sue spoglie mortali. Si domandò come fosse diventato ora. Non era più il suo Fausto, col sorriso buono, che l’accoglieva sempre tra le sue braccia amorevoli. Le venne in mente Gustaf, che in qualche modo glielo ricordava.
« Non viene spesso qua». Non fu una domanda, ma una constatazione.
Giuliana si girò e vide una signora anziana che stava sistemando e spolverando la lapide, forse di un congiunto.
«Non vivo più a Roma», si giustificò Giuliana e la sua spiegazione suonò falsa anche alle sue orecchie.
«Io vengo tutti i giorni, salute permettendo. Loro vivono nella nostra memoria. Se anche noi li dimentichiamo, cosa resta di loro?». La donna rimase un attimo in silenzio, poi continuò: «È suo marito?».
Giuliana le rispose di sì e si sentì inadeguata, un fallimento di moglie.
«Lei non è serena, non perché è rimasta vedova, ma perché non si dà pace per qualche motivo».
Giuliana la guardò, domandandosi da cosa potesse trarre le sue affermazioni.
«Non si meravigli che ho compreso il suo stato d’animo. Credo che ognuno di noi, al cospetto di un caro defunto, si interroghi se ha fatto tutto il possibile per manifestare la propria attenzione e il proprio affetto. Oppure, se si è fatto di tutto per evitare la loro morte».
A Giuliana sembrò che quelle parole fossero rivolte proprio a lei, quando l’anziana continuò: «Non mi sto riferendo a situazioni sue, che neanche conosco, ma parlo per me. Ho sottovalutato dei segnali della malattia di mio marito… Sa, gli uomini hanno bisogno di noi, del nostro accudimento… Poi, è stato troppo tardi».
«È riuscita mai a perdonarsi?».
«Per tanto tempo non l’ho fatto, ma poi ho capito che loro sono nella misericordia di Dio e che attraverso di Lui ci hanno perdonato. Ho chiesto il suo perdono e ho chiesto a Dio di essere misericordioso nei mie confronti. Solo allora mi sono sentita in pace». La donna si fece un rapido segno della croce, poi, concluse: «Io ho finito, per oggi. Le auguro di trovare la sua pace». Con un lieve inchino, andò via.
Giuliana comprese cosa l’anziana signora aveva voluto dirle. Pregò a sua volta di essere perdonata e, finalmente, non si sentì indegna davanti a quella lapide. Dovunque fosse, Fausto l’aveva già perdonata. Quel giorno il caso volle che guidasse lei e che si salvasse: avrebbe potuto morire lei e il marito sopravvivere. Non poteva farsene una colpa per tutta la vita. Per paradosso ne era uscita una persona migliore e di questo fu grata.
Dopo la visita al cimitero e il disbrigo delle pratiche burocratiche presso il comune, andò a trovare sua suocera Tina, che l’accolse con calore.
«Giuliana! Come sono felice di rivederti». La donna l’abbracciò con trasporto e lei si lasciò cullare da quelle braccia materne. «Ti trovo bene, mentre io sono invecchiata così tanto».
In effetti Giuliana si rese conto che quella piccola donna si era ingobbita e i bei capelli biondi erano diventati tutti bianchi e tenuti alla bell’e meglio accroccati sulla nuca.
«No, Tina. Ti trovo bene», le rispose pietosa.
«Sei già stata al cimitero?».
«Sì. Ho messo fiori freschi e rinnovato l’acqua».
«Bene. Io ci tornerò tra qualche settimana, quando ci sarà di rimettere a posto le lapidi».
«Grazie per quello che fai. Io riparto domani».
«Così presto?».
«Ho il mio lavoro là».
«Non tornerai più a Roma?».
«Non c’è niente che mi trattenga».
«Abbi cura di te».
«Anche tu».
Giuliana andò via con la sensazione che un capitolo della sua vita si era concluso in modo definitivo.
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Bellissimo ed emozionante! Buon sabato sera 💕
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Grazie! Buon sabato sera anche a te
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molto interessante il dialogo al cimitero. Più banale quello co la suocera. Però un bel capitolo perché fa preludere che qualcosa cambierà e per sempre per Giuliana.
Buon pomeriggio
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Quello con la suocera è un dialogo di chi non ha niente da dire e spera di finire presto. Buon pomeriggio anche a te.
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bella serata
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Buona sera anche a te
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A domani
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👍
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