Morte in rosso – una nuova indagine di Debora Nardi – nona puntata

Puntate precedenti: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8

Debbi decise di passare di nuovo al bar centrale per parlare con Gianna.

“Ciao, Gianna.” Salutò entrando.

“Salve, signora Nardi. Tutto bene?”

“Bene, cara. Sai? Ieri sono stata allo Shadow…” buttò là con noncuranza.

“Non l’ho vista. Dov’era seduta?”

“Eravamo abbastanza avanti vicino al palco. Ti ho visto arrivare, ma non ho voluto disturbarti. Un locale particolare quello dove lavori…”

“Gliel’avevo detto. Io ci vado perché guadagno bene.”

“Non ti sto giudicando… Ho notato che delle persone scomparivano dietro una porta rivestita in cuoio…”

“Signora, cosa si aspetta da quel tipo di locali?”

“Sì, sì. Mi domandavo, però se Carla fosse una frequentatrice dell’ambiente dietro la porta…”

“Non ne voglio parlare ancora. Carla è morta e niente ha più importanza.”

“Scusami, cara. Non volevo turbarti. Fammi un caffè come sai fare tu, dai.”

Debora prese il suo caffè e salutò andando via, soddisfatta di ciò che aveva capito nel colloquio con Gianna. Se Carla non avesse frequentato l’ambiente dietro la porta fatidica, Gianna non avrebbe avuto difficoltà a smentire, quindi era chiaro che l’acrobata non si esibiva solamente nella silk dance.

“Due uomini le ronzavano intorno, almeno due. Ce n’è abbastanza per imbastire una storia di passioni e tradimenti e torbide tresche. Senza tener conto del sito dove pubblicizza i suoi servizi con un’area privata che chissà cosa nasconde. Ma ucciderla! Chi e perché? Forse il notaio, scaricato, era geloso del biondo che aveva fatto tatuare Carla? Devo sapere cosa ha scoperto Flo sulla relazione con Vizzi.”

A casa controllò la posta elettronica, aveva spedito il suo manoscritto a una casa editrice e aspettava una risposta. Ancora niente. Chiamò Flora che le disse che sarebbe passata di persona, visto le notizie che aveva raccolto.

“Passa, allora. Preparo una tisana”

Flo arrivò in pochissimi minuti, in tuta da casa.

“Bene! Ho proprio bisogno di qualcosa di caldo.”

“Allora?” Debora voleva saltare i convenevoli e passare alle sospirate notizie.

“Ho avuto la fortuna di incontrare al supermercato la segretaria del notaio. Ho buttato lì l’osservazione sulla morte di Carla, insinuando il sospetto che si fosse suicidata. Lei mi ha guardato come se non avessi capito niente. Allora le ho chiesto chiaramente che idea si fosse fatta sulla vicenda. Lei mi ha detto che era più facile che qualcuno la uccidesse, visto il numero di uomini che teneva sulla corda. Testuale!”

“No! È credibile?”

“Lei mi ha detto che ha origliato certe telefonate!”

“Davvero? Comunque ho insinuato, parlando con Sergio, che c’erano almeno due uomini e lui ha fatto la parte di quello che non ha bisogno di suggerimenti. Vabbe’, io gliel’ho detto. Faccia lui. Io mi metto alla ricerca di altri uomini, se ci sono. Grazie delle informazioni. Sai quando ci sarà il funerale? Vorrei andarci.”

“Ho sentito che ci sarà tra due giorni. Vengo anch’io. Conoscevo bene i genitori. Allora, io vado. Grazie per la tisana.”

Restata sola, Debora andò in giardino: lavorare la terra la faceva rilassare e le permetteva di riflettere meglio.

“Eppure, non credo che uomini dediti a pratiche promiscue e ‘strane’ fossero soggetti alla gelosie. Forse c’era qualcun altro, uno innamorato, magari respinto… Ci posso lavorare.”

Due giorni dopo era al funerale con Flora. Si misero di lato, in modo da osservare le persone nella navata centrale.

C’era molta gente, molti amici. Elisa era tra loro ed era sinceramente addolorata. Vicino ai genitori c’era l’allenatore. Debora l’osservò attentamente. Era un bell’uomo atletico di una decina di anni più vecchio di Elisa. E di Carla… Lo guardò a lungo. Portava gli occhiali scuri, ma mostrava chiaramente un dolore sincero, del resto prendeva le ragazze da piccole e le seguiva per diversi anni, almeno due volte a settimana. Ovvio che fosse affezionato.

Seguirono il feretro fino al cimitero e poi ognuno ritornò alla spicciolata, l’allenatore non si mosse e rimase davanti alla lapide.

“Che strano…” fu l’immediato pensiero. “Così tanto affetto da non poter lasciare immediatamente il cimitero. Forse sto fantasticando troppo.”

“Elisa. Il vostro allenatore vi seguiva molto? Voglio dire… si preoccupava in modo particolare di voi, era affettuoso…” fu la prima cosa che chiese alla figlia rientrando in casa.

“Vuoi dire se ci importunava?”

“Non proprio. Preferiva qualcuna?”

“Lo sai che aveva una predilezione per Carla… ma come atleta. Era la più brava. Mamma! Non ti fare dei film in testa.”

“Parlavo per parlare!”

“Sì, sì…”

[Continua]

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